Psicologia ecologica

Visione etica: ecologia della mente

Le idee che si collegano (tag cloud)
Le idee che si collegano (tag cloud)

«Ma io ritengo che una discussione su questi argomenti possa essere un bene per gli uomini, se non per quei pochi che sono capaci, dopo poche indicazioni, di trovare da soli la verità; degli altri, alcuni si gonfierebbero di un ingiustificato disprezzo, ciò che non è bene, altri di una superba e vuota fiducia, come se avessero appreso qualcosa di sublime». Platone (lettera VII, 341).
«Il magistero non va oltre questo limite, di additare cioè la vita e il viaggio: ma la visione è già tutta un’opera personale di colui che ha voluto contemplare». (Plotino, Enneadi, VI, 9, IV).
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Negli ultimi anni si parla molto d’ecologia (da oykos = abitazione, logos = discorso).

 

L’uomo, finalmente, si rende conto che l’ambiente, lo spazio in cui vive, è tanto importante quanto il soddisfacimento dei propri bisogni. Comincia a farsi strada una visione più integrata, che comprende un allargamento degli orizzonti di riferimento, sia rispetto all’ambiente, sia nei confronti della comunità degli individui; e ciò si verifica perché l’uomo sente l’esigenza di pulirsi, di lavarsi da qualcosa che percepisce come deteriorato, stantío, vecchio. Egli percepisce un appesantimento del suo stato esistenziale e, portato com’è ad intervenire sugli aspetti materiali della vita, ha cominciato a porsi il problema di “pulire” l’ambiente in cui vive, cercando di contribuire al ripristino di un equilibrio naturale. Tuttavia, il disordine e il deterioramento sussistono in gran parte all’interno dell’individuo, appesantito da millenni di storia in cui, all’innegabile progresso sul piano materiale e tecnologico, non ha fatto seguito una corrispondente crescita sul piano esistenziale: dobbiamo ammettere di essere ancora un’umanità immatura, che affronta l’incomprensione con reazioni dettate dall’ignoranza, con la guerra, l’intolleranza, la violenza. Per questo motivo tutte le tradizioni antiche insistevano tanto sul concetto di purificazione: l’individuo, prima di poter accedere a una comprensione più allargata, deve “pulirsi” da preconcetti, reazioni meccaniche e abitudinarie, comportamenti egoici e utilitaristici. Dagli antichissimi Veda, alle prescrizioni buddhiste e islamiche, fino al battesimo del Cristianesimo, ogni visione religiosa insiste sulla necessità di purificarsi da una condizione “malata”.

Con il termine “ecologia della mente”, dunque, intendiamo riferirci proprio a questa operazione di “revisione” del pensiero e del comportamento individuale, processo di “pulizia” indispensabile per rendere più aperto e ricettivo il complesso psico-fisico dell’individuo, sul piano personale e sociale. Una delle cose più difficili da realizzare, infatti, ai fini dell’apprendimento e della comprensione, è la capacità dell’individuo di mettere in discussione le proprie convinzioni e accedere liberamente a nuove cognizioni. Se il “campo” non è sgombrato – se il soggetto non è “libero” dalle vecchie concezioni – non c’è spazio per il “nuovo”, per quanto saggio e importante sia, e ogni apprendimento si risolverà sempre in un’interpretazione personale, viziata dal “vecchio”. Per questo, il nostro metodo propone gli strumenti idonei a far sì che ognuno possa emplementare il proprio pensiero individuale, favorendone una dilatazione su basi più ricche ed eterogenee, che lascino maggior spazio a nuovi e più aperti elementi d’indagine; un sistema di “ecologia” esistenziale, indispensabile per aprire uno spazio più ampio.

Possiamo dire che un individuo cresce e si sviluppa a seconda dell’ambiente in cui viene inserito. La sua crescita è in un certo senso “casuale”, ovvero dovuta alle circostanze e agli esempi che via via incontra nell’infanzia e nell’adolescenza. In futuro, egli non potrà che reagire agli eventi conformememente ai modelli che hanno concorso alla sua esperienza formativa. In questo modo, lo stesso suo pensiero e l’insieme dei suoi valori assumerà le caratteristiche, il “colore”, di ciò che ha incontrato, e la sua libertà di scelta resterà vincolata ad un ambito piuttosto ristretto.
 Così, il pensiero religioso ricalcherà la morale e le regole dell’ambiente religioso della famiglia d’origine; il pensiero laico si svilupperà sulla base di un’insoddisfazione patita dalle regole di una religiosità semplicistica e andrà a cercare valori etici immanenti nella condizione umana; il pensiero provinciale si nutrirà invece dei luoghi comuni proposti da una comunità ristretta, povera di esperienze e legata al ruolo sociale nella collettività; il pensiero scientifico erediterà una propensione al concreto e al riproducibile, ricalcando forme di diffidenza verso il trascendente e tendendo a giudicare superficiale e superstizioso tutto ciò che non risponde a criteri di positivismo e provabilità. Il pensiero politico si formerà in conformità ai modelli incontrati, secondo l’appartenenza di classe, le idee trasmesse in famiglia e le esperienze nell’età giovanile. Così si sarà di destra, di sinistra, di centro o, ancora, estremisti, no-global o europeisti, non per aver realmente scelto dopo aver attraversato e sinceramente sperimentato tutte le visioni, ma per uno schieramento di base ereditato dai condizionamenti incontrati. Il problema non è tanto il condizionamento in sé – inevitabile, poiché attiene all’esperienza stessa dell’apprendimento, vissuta nei primi anni per imitazione – quanto il meccanismo che impedisce di accostarsi ad alcunché di nuovo. Tendenzialmente, si verifica un comportamento di rifiuto ogniqualvolta viene incontrato qualcosa di “diverso” dall’esperienza già maturata, come se la cosa nuova togliesse qualcosa, o impedisse di mantenere in sé il valore delle esperienze già fatte.
Il fatto che al bambino piaccia il gelato alla panna e alla nocciola, non dovrebbe impedirgli di provare anche il pistacchio, l’amarena e mille altri gusti; panna e nocciola sono un piacere acquisito, sempre disponibile: perché non provare altro e magari, scoprire un gusto ancor più buono? Rifiutare qualcosa di nuovo, di diverso, impedisce la crescita e costituisce il germe di problemi più grandi come l’intolleranza, il settarismo, il corporativismo, il classismo e così via. Invece di rifiutare per paura, bisognerebbe inglobare ogni nuova esperienza, aumentando in sé lo spazio disponibile ad accogliere nuovi elementi, nuove visioni della vita. Solo così sarà possibile ampliare la gamma delle sfaccettature possibili del mondo esperienziale, e farsi un’idea più ricca della vita e degli infiniti modi di poterla vivere con pienezza e libertà.


Per noi, dunque, “Ecologia della mente” significa riconvertire un pensiero condizionato e limitato ad ambiti ristretti verso una condizione di maggior apertura e ricettività: un’operazione indispensabile per dare spazio alla possibilità di crescere e comprendere sempre di più. Questo è un aspetto dell’Etica, intesa come espressione libera di una coscienza matura e responsabile.
Il lavoro, però, deve essere compiuto dall’individuo stesso e nessuno può compierlo per lui, poiché solo l’esperienza personale può fissare in sé gli elementi utili. Il nostro sistema fornisce solo gli strumenti adatti, scelti per il loro valore d’uso, sulla base di tradizioni che vantano migliaia d’anni di esperienza.

 

Verso un ecologia della mente
Verso un ecologia della mente
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Gregory Bateson e Verso un ecologia della mente
Biografia e piccoli estratti che servono a riflettere.
Da notare come siamo interconnessi a noi stessi tramite le relazioni che abbiamo avuto con gli altri. Da notare la nuvola o tag cloud che ci richiama alle nostre connessioni mentali e quindi alle cose che sono importanti per noi. Compito del terapeuta è quello di entrare con immenso rispetto nell'insieme delle connesioni della persona che gli sta davanti mettendosi in gioco e facendo parte del campo. Il terapeuta, quindi, partecipa alla relazione ma contemporaneamente la controlla per attivare le risorse del cliente.
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