Il facilitatore nei gruppi

Il facilitatore nel sociale C. Rogers

 

Rogers tramite una serie di “gruppi di incontro”con partecipanti eterogenei (insegnanti, psicologi, dirigenti sanitari) arriva a individuare la figura del facilitatore d’apprendimento: un facilitatore può creare, in un gruppo che si riunisce a ritmo intensivo, un clima psicologico di sicurezza e distensione entro cui emergono a poco a poco delle tendenze prevalenti: una sempre maggiore libertà di espressione e una corrispondente riduzione dei meccanismi difensivi. Da questa reciproca libertà di rivelarsi l’un l’altro i propri veri sentimenti, sia positivi che negativi, si sviluppa necessariamente anche un clima di mutua fiducia. Riducendo la propria rigidità difensiva, queste persone riescono sempre di più a confidarsi ed a imparare le une dalle altre. Quanto più gli individui riescono ad aprirsi e ad ascoltarsi reciprocamente, tanto più un’organizzazione tende a trasformarsi da struttura gerarchicamente ordinata a sodalizio di persone accomunate dagli stessi obiettivi. Grazie a questa maggiore libertà e comunicatività interpersonale, nascono nuove idee, nuovi concetti, nuovi orientamenti. Parallelamente, la possibilità di battere strade nuove e sconosciute è sentita, non più come una rischiosa avventura, ma come un’esperienza entusiasmante.

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  2. I facilitatori per il cambiamento sociale

Qualsiasi gruppo orientato verso il cambiamento materiale o psicologico di tipo micro, attivato dai suoi componenti in prima persona, alla ricerca di progetti che possano creare un impatto macro sul mondo sociale. La riunione di gruppo è condotta democraticamente, il facilitatore incoraggia le persone a parlare della loro esperienza diretta. Egli chiede ai partecipanti di dire le loro opinioni senza pensarle come verità assolute, spiega brevemente le altre linee guida della comunicazione ecologica che vengono anche scritte sul foglio alla lavagna: evitare la monopolizzazione, evitare i giudizi pesanti ed essere concisi nel parlare.

 

Il facilitatore nel processo di counseling

 

Il counseling consiste nell’abilitare il cliente a prendere una decisione riguardo a scelte di carattere personale o a problemi o difficoltà speciali che lo riguardano direttamente. Compito del counseling è dare al cliente un’opportunità di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere più fruttuosi e mirando ad un più elevato stato di benessere. Il counseling riguarda trasversalmente tutti i settori in cui è praticata la relazione d’aiuto; nel counseling convergono i risultati della ricerca psicologica nell’area della comunicazione e della facilitazione del soggetto all’interno della relazione d’aiuto. La consapevolezza di sé in relazione al piano corporeo, affettivo -emozionale e comportamentale è alla base dell’efficacia operativa del facilitatore. Per stare pienamente in relazione con l’altro è indispensabile che il soggetto sia in grado di stare pienamente in relazione con se stesso, il che significa riuscire ad ascoltare ciò che proviene dal proprio corpo e dalla propria emotività, ciò che sta vivendo e sperimentando nel qui ed ora attuale, senza nessuna cancellazione, distorsione, alterazione o manipolazione. Il facilitatore nell’ambito della relazione con l’altro è presente nei termini di persona, consapevole e proteso a facilitare la consapevolezza dell’altro. Il rispetto, la considerazione e l’accettazione degli altri sono la migliore modalità di interazione significativa, in grado di rispettare il gruppo e la sua dinamica, offendo gli la possibilità di manifestare le sue caratteristiche ed i suoi bisogni.    

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Facilitazione dei processi

 

La consulenza di processo è finalizzata alla costruzione di una relazione che permetta sia al consulente sia al cliente di operare sulla realtà. Il consulente ha lo scopo di fornire al cliente informazioni su quello che accade intorno a lui, dentro di lui e in interazione con altri. La consulenza di processo aiuta quindi il cliente a comprendere cosa può fare per migliorare la situazione. La filosofia è quella per cui il cliente deve essere aiutato a non rimanere mai passivo, nel senso di conservare l’iniziativa sia nel campo della diagnosi sia in quello della correzione da apportare. Implicito in questo modello è l’ulteriore assunto che tutti i problemi organizzativi riguardano fondamentalmente interazioni e processi umani. Il consulente, quindi, interviene al servizio dell’apprendimento su quattro versanti: comunicazione e feedback attivo; facilitazione dei gruppi di lavoro; facilitazione delle relazioni interpersonali; facilitazione del dialogo.

 

Il conduttore di gruppo

 

Un conduttore è una via di mezzo tra il moderatore che presuppone un’abbondanza e l’animatore che presuppone una scarsità. Per Spaltro conduttore significa sia leader, sia esperto di tecniche di gruppo. Il conduttore è educatore, addestratore, dirigente, psicoterapeuta, assistente sociale, ecc. che è capace di creare gruppi psicologici, passando attraverso la fase della leadership, senza però stabilizzarsi su di essa. Il conduttore è un trainer, che passa attraverso la fase della relazione interpersonale; la fase della centratura sul gruppo; partecipa quindi alle riunioni come un semplice membro del gruppo; infine esce dal gruppo, che è ormai in grado di agire da solo senza bisogno di un conduttore (qui svolge solo una funzione di vigilanza, per evitare che si verifichino fenomeni di disordinata distribuzione dell’aggressività, o altri che possano portare alla disintegrazione del gruppo); per questo la sua preparazione richiede un discorso particolare. Il conduttore è anche un esploratore, per cui gli si aprono almeno tre strade: a) quella del comando, del portare con sé, del condottiero e del dominio; b) quella dell’indirizzare, del trasmettere, della strada che conduce in un luogo, quindi l’idea del movimento, del viaggiare e dell’obbiettivo-destinazione; c) quella della velocità, di buona trasmissione, di efficienza del comunicare, quindi, l’idea del recepire e far capire, del creare le condizioni per capire di più, l’idea del passare attraverso.