L'arte di saper amare

Amore non ha confini
Amore non ha confini

Quante volte ci siamo chieste il perche' una storia d'amore non decolla e perche'spesso si ripetono gli stessi errori?In questo articolo ci sono molte risposte alle nostre domande

         
Tempo fa leggevo un testo di un famoso psicanalista, Peter  Schellenbaum che ha scritto un libro a mio parere, molto interessante,  "La ferita dei non amati" che tratta dei giochi psicologici in amore. Questo scrittore analizza frasi che  usiamo molto spesso come "nessuno mi ama","nessuno mi vuole  bene""era la persona sbagliata per me!".

Questo perche' molte persone si sentono sole, amate troppo poco o addirittura  non amate per niente. Perchè succede questo? Magari ad aver determinato  "la ferita del non amore" è stato un amore sbagliato,  una paura che ci ha accompagnato nella nostra infanzia che magari influenza ancora  la nostra vita. Bisogna infatti sottolineare che chi  non si è sentito amato durante l'infanzia, fara' molta fatica ad accettare  l'amore di un'altra persona, continuerà a sentirsi non amato  anche quando avviene il contrario.

Ci sono tante tipologie di non amati, tra le piu' importanti ricordiamo il tipo  "pur di essere amato farei di tutto",  il gioco psicologico di chi si sottomette passivamente al piacere degli altri  e vive costantemente nel terrore che l'altro lo abbandoni;

c'è poi la tipologia di chi dice "l'altro  mi deve amare per forza", spesso appartiene a questa categoria  la donna che ha un disperato bisogno d'amore e attira uomini che, nella maggior  parte delle volte sono inferiori a lei, li ammalia dando precisi messaggi sessuali  ma poi si sente improvvisamente "oppressa" e perde l'interesse per quell'uomo  che si era cosi' tanto invaghito di lei.

C'è poi il tipo "non mi ama mai abbastanza",che  è quello che quantifica l'amore e che dà un valore (quasi sempre  negativo) alla quantita' d'amore ricevuto, concentrandosi solo su quello che riceve,  determinando la fine dello scambio che ci dovrebbe essere in una coppia.

C'è poi il gioco "Ti comprerò" che in genere viene praticato da persone che sono vissute in famiglie molto ricche  dove l'amore molto spesso era sostituito dal denaro e dove i genitori compensavano  la loro incapacita' di amare i figli dando o negando denaro. A seconda se i figli  rispondono o meno alle loro aspettative, il denaro diventa un mezzo per accaparrarsi  l'amore altrui.

Questo scrittore ci ricorda che spesso siamo stati feriti nei rapporti con gli  altri e talvolta questa ferita non rimarginata, in determinati contesti sanguina  ancora.
Come si potrebbe curare la ferita dei non amati, di quelli che, per una parola  non detta, un abbraccio mancato, un amore sbagliato, ritornano  sugli stessi errori?
Bisogna portare in superficie il dolore che abbiamo provato e che abbiamo cercato  di rimuovere, mettersi in discussione (facile a dirsi ma difficilissimo da fare!).

Bisognerebbe liberarsi dalla "ferita" che non ci permette di amare ed  essere amati in modo sereno, facendo emergere anche le nostre debolezze. Ragazze,  mostriamoci per come siamo, nei pregi e nei difetti, nella nostra semplicita',  togliamoci la fastidiosissima maschera della perfezione e, nei momenti in cui cerchiamo di somigliare a persone diverse da quelle che  siamo, ricordiamo quello che dice Oliver Wilson
"Impara ad essere te stesso e usa il tuo talento  qualunque esso sia. I boschi sarebbero terribilmente noiosi se cantassero solo  gli uccelli che cantano meglio!"

fonte :  http://www.girlpower.it/amore/coppia/occorre_saper_amare.php

 

Psicoanalista note e suoi lavori

 

Peter Schellenbaum nasce a Winterthur in Svizzera nel 1939.
Dopo sette anni di impegno nel campo teologico, terminato come docente a
Monaco, segue la formazione in psicologia analitica presso l'Istituto C. G.
Jung di Zurigo dove ha esercitato quale docente, insegnante analista e
direttore. Vicino a Locarno ha fondato l'Istituto di Psicoenergetica

 

Peter           Schellenbaum
La ferita dei non amati

1988

             


        Nessuno mi voleva bene; improvvisamente me ne rendevo contro: ero irreparabilmente         distante da tutti. Era l'inferno. Questo senso di morte era il mio definitivo         calvario.

        Ciò che mi sembrava guarito e rimarginato si era riaperto e aveva         cominciato a sanguinare; la ferita aperta dalla mancanza d'amore c'era         ancora, non si era rimarginata e non si rimarginerà mai, finché         vivrò.

        Come povere anime alla ricerca della salvezza, vaghiamo inquieti da una         spiegazione all'altra. Tuttavia, la carica di energia è più         forte di ciò che possono esprimere le parole. E così, proseguendo         nel nostro tortuoso cammino, ci nascondiamo la chiara, semplice verità:         "Non sono stato amato e continuo a non esserlo". E' una verità         che vale anche per chi è stato amato troppo o nel modo sbagliato.         La carenza d'amore si cela dietro molte maschere. In un senso profondo          … questa verità vale anche per coloro che sono stati amati         "a sufficienza". La ferita del non amato è la ferita         dell'essere uomo.

        La ferita dei non amati è la causa di una carenza di "fiducia         di base" (Erik Erikson): se vogliamo guarire questa è a quella         che dobbiamo rivolgerci.

L'amore è "anomalo" in quanto accetta ciò         che la norma rifiuta.

        Poiché la fedeltà alle regole e la carenza d'amore sono         legate tra loro, lo studio dell'analista non può essere un luogo         di fuga dalle realtà sociali. Al contrario, deve diventare un luogo         in cui l'individuo diviene più consapevole di se stesso come punto         di incontro tra quanto gli è proprio e quanto proviene dall'esterno.         Solo in questo modo si possono aprire nuovi spazi per quegli aspetti di         umanità finora rifiutati.

        E' difficile resistere alle parole che provengono dal nostro intimo, proprio         come è difficile reggere uno sguardo. Chi da bambino non è         stato amato trova difficile amarsi sotto lo sguardo di un'altra persona:         continua a sentirsi non amato, anche quando è vero il contrario.         Quando invece riesce a rimanere nel campo magnetico di uno scambio di         sguardi, diviene vitale e creativo.

        Qualche volta il fallimento di una storia d'amore tra due adulti sembra         raffigurare la stessa perdita d'amore della prima infanzia; in realtà         ciò che avviene in età adulta è già avvenuto         tempo prima, nell'infanzia e nell'adolescenza.

        Se non siamo stati amati, non ci amiamo. Alla carenza di amore per noi         stessi corrispondono delle zone oscure nella conoscenza di sé.         Il principio dell'oracolo di Delfi "Conosci te stesso" dovrebbe         essere integrato dal principio "Ama te stesso" poiché         a livello psicologico conoscenza e amore sono inscindibili.

        La ferita de non amati si esprime nelle dolorosa sensazione di essere         respinti anziché amati.

        Tutti i giochi hanno un elemento comune, ovvero il legame tra due tendenze         contraddittorie: una è il trauma, cioè la ferita psicologica         risalente all'infanzia, che afferma: "No, non c'è amore";         l'altra è l'Io che, disperato, controbatte: "Eppure deve esserci         amore". Da questa contraddizione nasce una "coabitazione",         una "convivenza" che ci appare naturale soltanto quando siamo         abituati a quest'ambivalenza, quando ne siamo prigionieri. E ne siamo         prigionieri fino a che il "no2 di uno dei due elementi del conflitto         interiore mette a tacere il "si" dell'altro e viceversa.

        Chi, da bambino, ha dovuto implorare amore, da adulto è predestinato         a questo gioco.

        Tanto più egli dà, tanto meno può ricevere, poiché         a ogni novo affanno d'amore diminuisce il rispetto per se stesso.

        Quando il gioco è stato visto e analizzato in profondità,         emerge il desiderio di dare spazio nella propria esistenza all'infanzia         e all'adolescenza perdute, così che il passato possa essere recuperato         attraverso la capacità di trovare la propria strada e di affermarsi.         In questo caso sono assai utili l'improvvisazione, la spontaneità         e l'arguzia. In compagnia di queste persone, talvolta mi accorgo di sentirmi         fiacco e stanco: e questo, quasi sempre, è anche il loro modo di         vivere la vita. Eppure, com'è bello il momento in cui scoprono         la leggerezza, la mancanza di premeditazione, la spontaneità!

"Se una persona mi ama, ci deve essere in lei qualcosa che non         va" [Paul Watzlawick]

        L'amore è tranquillità nel movimento e ricettività         verso l'amore di un altro attraverso il proprio donarsi.

        Anche se milioni di persone mi abbracciassero, tutte insieme non potrebbero         amarmi completamente, poiché io sono un inconfondibile insieme         di caratteristiche umane e quindi posso essere incompreso e non amato         sotto molti aspetti.

        L'analisi corporea, nel senso di una coscienza consapevolezza di ciò         che avviene spontaneamente nel corpo, è una componente inestimabile         di ogni analisi, soprattutto nel caso di persone che sono fissate sugli         altri anziché rivolte a se stesse. … Tanto più direttamente         partecipiamo agli stimoli del nostro corpo, tanto meno abbiamo bisogno         di lontane immagini ideali.

        L'espressione "energia vitale" si riferisce a esperienze generalmente         conosciute, verificabili e legate tra loro. Ne cito otto.
: l'energia vitale sperimentabile nell'impulso, nell'impeto         e nell'accelerazione, quindi l'esperienza dello "slancio" nell'esistenza         umana: l'élan di Jean Piaget, l'élan vital di Henri Bergson,         il gradiente di Carl Gustav Jung.
: l'esperienza della tensione pulsante e della distensione,         della carica e della scarica, quindi del ritmo ordinatore.
: l'esperienza della tensione polare nel reggere consapevolmente         gli opposti psichici, la coscienza polare.
: l'esperienza del blocco o ristagno dell'energia vitale         in complessi psichici e in tensioni fisiche.
: l'esperienza della ripresa del flusso di energia, cioè         del passaggio dall'assenza di stimoli all'azione.
: l'esperienza della risonanza: sintonia, suono, eco, armoniche         vibrazioni.
: l'esperienza della crescita di energia mediante una consapevole         autoregolazione all'interno del singolo organismo e dei rapporti.
: l'esperienza della unione con il cosmo.
        Sarebbe più corretto parlare di otto varianti di un'unica esperienza         di energia, accomunate da un'intensità soggettivamente vissuta,         invece che di otto esperienze distinte.

        La definizione di "psicoenergetica" si riallaccia all'esperienza         dell'energia: la psicoenergetica rappresenta l'accesso, mediante la         psicologia del profondo, all'esperienza dell'energia intesa come esperienza         fondamentale dell'esistenza, che annulla le inibizioni e costituisce la         premessa per la crescita psicologica. Essa subordina l'analisi dei         contenuti dei ricordi infantili, dell'attuale situazione di vita e del         futuro potenziale di un individuo, espresso nei simboli, a un criterio         comune: il libero fluire o l'ostruzione della vita.

        Per uscire da situazioni sfavorevoli, persino da quelle distruttive, bisogna         vivere a livello terapeutico ciò che tali situazioni implicano         (Fritz Perls).

        Scopo di ogni psicoterapia è quello di rendere attuale la capacità         di autoguarigione che ogni individuo possiede.

        Carl Gustav Jung ha introdotto nell'analisi dell'inconscio la componente         finalistica: quale progetto di vita ancora incompiuto, quale possibilità         di vita è possibile scoprire in un sogno? Noi ci poniamo la stessa         domanda rispetto al corpo: quale possibilità espressiva è         racchiusa in esso e vuole liberarsi? Quale messaggio si cela dietro a         una voce repressa? Quale luce brilla dietro uno sguardo quasi spento?         Quale emozione si esprime in un piede che oscilla?

        La sola conoscenza non guarisce, tuttavia è necessaria, in quanto         la sofferenza rende più consapevoli e induce alla ricerca della         crisi che ci libererà da essa.

        La certezza di essere amato non per ciò che è ma per ragioni         fortuite perseguita il non amato.

        L'amore può trasformare gradualmente l'emarginato compatito e vittima         di una carenza d'amore nell'infanzia, in quello che Alan Watts chiama         "l'emarginato superiore", colui che è al di sopra delle         parti, che non si schiera con nessuno. Sin dalla prima infanzia egli sa         che amore e partigianeria si escludono a vicenda. Il destino della vittima         si trasforma in vocazione. Tutti coloro che si sentono obbligati a seguire         un cammino individuale e autonomo furono emarginati come Gesù,         o senza patria, come Buddha.
        Nel Cristianesimo, dove la vocazione viene vista in opposizione al mondo,         si giunge inevitabilmente a una tragica conclusione: le persone "integrate"         sono più numerose. … Nel Buddhismo, al contrario, la vocazione         implica la libertà dalla dipendenza, che gli altri ci amino o meno.         Oltre la partigianeria e la dipendenza può crescere un amore che         rende liberi noi e gli altri.

        Soltanto la rinuncia a un tardivo amore dei genitori può rappresentare         la salvezza.
        Questo perché la guarigione della ferita psicologica avviene guadagnando         l'accesso a un livello più profondo, dove tutti gli esseri umani         sono uguali. La sventura di un insufficiente amore parentale non può         essere eliminata, ma può essere considerata in connessione con         l'esperienza di una carenza esistenziale propria dell'essere umano: la         mancanza di sicurezza in questo mondo.

        In ogni rapporto c'è complicità, anche nei rapporti tra         figli e genitori. Per complicità non intendo corresponsabilità,         bensì partecipazione. Chi accetta questo principio, si sente stimolato         all'attività e alla responsabilità individuale nel "qui         e ora". L'"evento" diviene esperienza, l'emarginazione         un impulso verso la liberazione. Percepirsi non come vittima ma come parte         attiva è segno di vitalità. Naturalmente, con questa riflessione         non intendo minimizzare la tragicità di innumerevoli ferite infantili,         ma piuttosto stimolare ad agire nel presente.
        Non esistono forse persone troppo deboli per agire in assenza dell'amore         parentale e delle cure di cui ha bisogno un bambino? Anche il più         debole dei non amati ha in sé una scintilla della forza dell'eroe         potenziale, cioè una piccola possibilità di trasformare         l'antico "no" altrui in un "sì" verso se stesso.         Il senso di carenza indica che il proprio potenziale di attività         non viene utilizzato.

        Il depresso "si serve della via traversa dell'autopunizione per vendicarsi         sugli oggetti originari" scrive Freud a questo proposito. In questo         modo si spiega anche "l'importuna loquacità che trova soddisfazione         nello smascherarsi".

        Freud scrive: "Nel lutto si impoverisce il mondo, nella melanconia         [cioè nella depressione] si impoverisce l'Io stesso. La persona         che elabora un lutto affronta realisticamente la perdita subita. In questo         modo, può maturare e arricchire la propria personalità,         anche se il mondo è diventato più povero. Al contrario,         il depresso si perde insieme con la persona perduta. "Il complesso         della melanconia si comporta come una ferita aperta, attira a sé         da ogni lato energie di occupazione e svuota l'Io fino all'impoverimento         totale." La ferita aperta della depressione attira ciò che         è estraneo e respinge ciò che è proprio.

        L'amore si rapporta a una persona nella sua interezza, non a singoli tratti         dell'aspetto o del carattere o a singole azioni.

        La bellezza, in quanto splendore della verità, è un effetto         dell'amore, è amore che agisce. Una persona che ama sinceramente         diffonde intorno a sé uno splendore tale che sarebbe assurdo mettere         in discussione questa bellezza apertamente rivelata sulla base di criteri         estetici.

Le norme hanno senso solo in relazione alla vitalità priva di         norme; l'ordine solo in relazione al caos creativo; la mente solo in relazione         al corpo. Chi ha dimenticato l'impulso verso la nascita ha ceduto alla         morte. Le persone che non danno valore al corpo pensano contro la vita.         Insieme con la mobilità del corpo esse perdono anche la spontaneità         intellettuale; confondono la vitalità con catene di idee perseguite         coercitivamente e concetti sopravvalutati di cui non riconoscono il carattere         sostitutivo. Trasudano mancanza di piacere, poiché solo la vera         espressione di sé genera piacere: il piacere dell'impulso vitale         e di una nuova nascita.

Il nostro compito è di diventare tutt'uno con l'intensità        della vita che lotta per esprimersi.

Di tanto in tanto, quasi tutti noi giungiamo a un punto di sopraffazione,         dove l'impulso vitale si trasforma in fatica e la gioia di vivere in un         senso di apatia che deriva da una pressione psicologica. Poi, una volta         o l'altra, ecco arrivare la goccia che fa traboccare il vaso: sperimentiamo         il repentino passaggio dall'ancora sopportabile all'insopportabile, dall'impulso         alla pressione, quasi come un'espressione del destino.

Se intendiamo la vita come un dovere, la vita diventa pressione alla         quale è necessario sottomettersi. Il principio di piacere deve         cedere al principio di realtà. Al contrario, principio di energia,         che sta sotto il segno di Dioniso, riunisce piacere e realtà nel         "sì" a un'esistenza che non abbiamo più bisogno         di dividere mediante effimeri giudizi. E' importante evitare il dolore,         ma è altrettanto importante diventare tutt'uno con esso quando         il dolore diventa inevitabile e determina la nostra vita.

Due persone rimangono vitali in presenza di un contatto visivo prolungato         solo se vivono un'intensa, comune esperienza di comprensione e amore.

La seguente affermazione di Nietzsche vale anche per Nietzsche stesso:         "Le persone profondamente tristi si rivelano quando sono felici.         Hanno un modo di afferrare la felicità, come se volessero distruggerla,         soffocarla." Anche nei non amati inclini all'eroismo le inibizioni         sono più forti degli istinti, la pressione più forte dell'impulso.

"Nessun simbolo può essere genuinamente nello spirito se         non è genuinamente nel corpo." (Martin Buber), cioè         se non implica il compimento vitale di un gesto.

Le parole efficaci, che esprimono la realtà, sono quindi gesti         linguistici. Come tutti i gesti con cui ci identifichiamo, generano emozioni.         Esse attivano l'energia vitale, suggeriscono, riecheggiano, ci trasformano         se ci apriamo ad esse come uno spazio risuonante. Al contrario, le parole         astratte soffocano l'emozione, anche se generano un movimento convulso.         Le persone che sentono il bisogno di raccontare immediatamente tutto soffocano         il suono fondamentale del proprio animo, si tengono a distanza da frasi         e immagini.

Il voler utilizzare qualcosa, o il volersene liberare, significa prendere         le distanze per elaborare un problema dall'esterno, quasi si trattasse         di lavorare un blocco di marmo con lo scalpello. Ma questo approccio è         contraddittorio e disperato. Dopo tutto, chi ha problemi? Io ho il blocco         di marmo? E il problema non riguarda forse lo scalpello che tengo in pugno?         E' sufficiente rimanere in contatto: consapevoli, ricettivi, attenti senza         essere autocritici (cioè senza il distacco da se stessi generato         da un giudizio negativo), poiché null'altro che la sensibilità         riguardo a ciò che sta accadendo adesso consente agli antichi modelli         di energia di sciogliersi dall'interno e di aprire la via a un olistico         gesto vitale. Ciò che conta è dirsi: "Sono         io stesso la persona che si interrompe sempre e si mette a tacere, che         soffoca la sua naturale emozione. Ora questa persona è parte della         mia vita, ha un valore e io mi identifico con essa, senza critiche."         In questo modo ci uniamo alla vita e ci salviamo da noi stessi.

Sono persone che non dipendono dalle cose ma ne sono attratte, che non         opprimono ma dedicano attenzione. Tutto ciò che in loro ha bisogno         di esprimersi non si rivolge contro ma verso gli altri. Una persona così         si percepisce come una creatura lunare, in quanto considera la luce che         proietta sugli altri come riflesso della luce di questi stessi altri.          Le persone che basano la loro esistenza sull'energia         non si abbagliano vicendevolmente ma, al contrario, apprezzano i bagni         di sole che ricevono dagli altri e vi prosperano. Non c'è         contraddizione nel fatto che siano più attivo di coloro che puntano         con tutta la loro volontà all'autoaffermazione. Nella         loro rilassata apertura, le persone che vivono di energia attraggono energia.

Gli esseri umani sono sistemi di autosuggestione estremamente sensibili.         Determiniamo il nostro destino resuscitando gli antichi ricordi, squilibrando         la nostra vita. Continuiamo a rovistare nelle antiche ferite anche quando         conosciamo già tutto di esse, generando così nuove ferite         fino a che l'intera esistenza è sofferenza e l'unico sentimento         è un intenso dolore. Così ci ipnotizziamo dicendo: "Nulla         cambia; tutto rimane com'era". Continuare a tormentarsi con gli antichi         ricordi significa tormentare la ferita del non amato, una         ferita che può richiudersi soltanto se la lasciamo in pace.         Non si tratta di rimozione, ma di guarigione.

A livello psicologico, "essere nel corpo" e "vivere nel         momento" sono sinonimi.

Ogni rapporto è polare, in quanto è identico all'area di         tensione dal polo complementare. L'attrazione che due persone provano         l'una verso l'altra viene ulteriormente rafforzata dalla coscienza delle         polarità che esse incarnano come coppia. In entrambe vengono mobilitate         polarità che, senza quel rapporto,sarebbero soltanto pura possibilità,         vita non vissuta. Da ciò scaturiscono tensione, eccitazione, erotismo.         Diversamente, le persone centrate su di sé, prigioniere dei dolorosi         ricordi delle vecchie ferite, non possono accedere al gioco polare di         un rapporto. ... Dopo l'iniziale apertura estatica all'altro e di conseguenza         al mondo, l'antica, traumatica chiusura si impone nuovamente. Non ci percepiamo         pià dinamicamente nella vibrazione di due poli, ma staticamente         come due opposti che si contrappongono. L'antico trauma, la ferita del         non essere amati, riaffiora: sono respinto, abbandonato, isolato, non         amato. Quale alternativa rimane a due persone che perseguono insieme il         modello traumatico se non quella di riaprirsi reciprocamente le antiche         ferite causando nuovo dolore?

Grazie al contatto fisico il mondo diviene incarnazione radiosa della         cultura. L'apollineo nasce dal dionisiaco. La luce proviene dall'interno.         Risplende dal buio e non nel buio come nel Vangelo di San Giovanni.

... come i girasoli, che crescono in tutti i         paesi caldi. Volgersi verso il sole e la luce: cercare lo splendore del         mondo e delgi altri, assimilando e riflettendo come fa la luna, piuttosto         che preoccuparsi narcisisticamente della propria luce. Questo è         l'atteggiamento dell'essere umano che basa la propria esistenza sull'energia.         ... Seguire la traccia del sentimento più intenso non significa         ritrarsi nel proprio mondo emotivo ma, al contrario, lottare per l'espressione,         la dedizione, il gesto. L'amante non si chiede chi sta amando, semplicemente         sa che l'amore sta agendo.

L'esperienza di un individuo sano fluisce in inconscia armonia con il         duplice movimento della respirazione. Quando inspira, tende spontaneamente         a concentrarsi maggiormente verso l'interno; quando espira, si espande         maggiormente verso l'esterno.

La ferita dei non amati è senza parole. Non trova parole per guarirsi.         I non amati possono raccontare molto di come sono stati respinti, emotivamente         abbandonati, incompresi, ma i loro racconti si riferiscono a periodi della         vita in cui erano già in grado di esprimere verbalmente la loro         sofferenza. I primi mesi di vita, durante i quali il bambino non è         in grado di parlare, rimangono privi di espressione verbale anche in età         adulta. ... I non amati non potranno mai esprimere a parole ciò         che hanno vissuto nella fase fetale e neonatale. Il trauma dei non amati         risale al periodo preverbale precedente e successivo alla nascita. Nel         contesto terapeutico, le conversazioni sulle esperienze successive sono         spesso alibi che distolgono l'attenzione dalla causa primaria, ovvero         dalla ferita tuttora muta del non essere stati amati. In assenza di altre         possibilità, si parla di qualche cosa che non può essere         avvicinato e colto a parole. La muta causa della ferita deve trovare il         modo di esprimersi perché le parole che denunciano le successive         esperienze di mancanza d'amore possano radicarsi e trovare un senso. Altrimenti,         rimangono in una sorta di limbo. Questo dilemma apparentemente insolubile         porta spesso ad analisi senza fine o ad amareggiate interruzioni della         terapia analitica prima di riuscire ad aprire la desiderata breccia nella         comunicazione.

        Se la crescita di un bambino è accompagnata dallo sguardo affettuoso         di una persona a lui vicina, egli può restituire quanto ha ricevuto:         possiede la forza di uno sguardo vitale che, nell'adulto, diviene la forza         di stabilire dei rapporti.

Chiunque riesca finalmente a rivivere l'antico dolore sotto lo sguardo         partecipe di un altro va oltre il proprio dolore e scopre la propria forza.         Ora può dare a se stesso ciò che la madre o il padre gli         hanno rifiutato: attenzione emotiva, calore, sicurezza, affidabilità         e soddisfacimento dei bisogni fondamentali.
        Solo il dolore che rimane bloccato è distruttivo: il dolore liberato,         cui è stata concessa piena espressione, è creativo. Per         liberare questo dolore, l'essere umano, che è essenzialmente concentrato         sui rapporti, ha bisogno di un altro essere umano al quale possa rischiare         di mostrarsi.

Non è l'amore, ma la paura dell'amore che rende necessaria         la terapia. L'amore esplode spontaneamente nella nostra vita quando         ogni resistenza svanisce, sia l'amore per gli altri sia l'amore per se         stessi.

Se le persone che da piccole non sono state amate dedicano a se stesse         la calda attenzione di cui non hanno potuto godere al momento opportuno,         si vivono in modo del tutto nuovo, cioè si sentono amate. In ultima         analisi, non è l'amore di un altro che può guarirci dall'antica         depressione, ma l'amore che diamo a noi stessi attraverso un'attenzione         diligente.

Il dolore non è positivo o negativo, semplicemente, è;         è ciò che siamo. La nostra vigile attenzione, allora, diviene         identica ad esso. … Quando ci limitiamo ad "accettare"         un dolore come se provenisse dall'esterno non accade nulla, se non, forse,         lo sprofondare nella depressione o la ricerca di una sovrastruttura religiosa,         come la fede in un dio sofferente e in un'eternità senza dolore.         Se invece ci viviamo in questo dolore non rifiutato, accadono cose impreviste.
La guarigione non avviene mediante il superamento         violento o la repressione del dolore ma, al contrario, stabilendo un legame         con l'energia in esso contenuta.

L'amore è indivisibile. Chi esclude se stesso dall'amore lo perde         completamente.

"Il vostro cattivo amore per voi stessi da della vostra solitudine         una prigione" [Nietzsche]. Le persone che non si sopportano e soccombono         all'apatia e all'inquietudine non appena rimangono sole, le persone che         non si piacciono abbastanza per sentirsi bene in compagnia di se stesse,         sono prigioniere della mancanza di amore di sé. Inutilmente vagano         per il mondo alla ricerca di qualcuno che abbia la chiave per aprire la         loro prigione dall'esterno. Cercano nuovi amici, nuovi amori, nuovi analisti,         nuove guide ideologiche, maestri, guru, lama che svelino loro il segreto         della parola magica e li liberino dall'isolamento. Ma la porta della prigione         si apre soltanto dall'interno, e loro stessi sono la chiave che può         aprire quella porta. La liberazione dalla prigionia nell'Io inizia con         l'amore di sé.

Nel Buddhismo non esiste il concetto di redenzione dall'esterno, ma soltanto         quello dell'autoliberazione, che implica amore e liberazione dalla prigionia         dell'Io. Soltanto l'esperienza personale può aiutare a comprendere         questo paradosso.

L'alterità individuale, come per esempio l'appartenenza ad una         razza diversa, un handicap, un difetto, un interesse sessuale che contraddice         la norma, il mancinismo, un talento straordinario o un vizio disprezzato,         indica la fondamentale alterità di ogni essere umano. E' importante         identificarsi con la propria alterità individuale in modo da dedicare         un'attenzione amorevole a questo particolare tesoro.

"Tessere un bozzolo con il filo di seta della propria anima, farsi         crisalide e attendere la trasformazione" [Strindberg] rende possibile         un nuovo orientamento basato sulle proprie risorse.

Che cosa accade in me se non rifuggo la solitudine come un qualcosa di         negativo ma divento tutt'uno con essa, ne traggo energia e ne faccio un         potenziale di sviluppo? La risposta a questo interrogativo può         venirci dalla meditazione, intesa non come contemplazione o visualizzazione         di immagini, ma nel senso del buddhismo, soprattutto Zen, come vigile         non agire, lasciando consapevolmente che i processi corporei avvengano,         specie nel respiro nel suo andare e venire, in rilassata, benevola attenzione         verso ciò che spontaneamente accade in noi, in una postura del         corpo che stimoli questa attenzione.

Così, nella meditazione emerge che solitudine e amore per l'altro         sono identici. Nell'abbandonare ciò che è mio e ciò         che è tuo, scopriamo che "la sostanza dell'universo non può         strapparsi" [Pierre Teillard de Chardin]; che stare bene con se stessi         significa al tempo stesso essere nel mondo o, meglio ancora, essere il         mondo; che il corpo con i suoi organi di senso, così come il resto         del mondo, sono rapporti, legami ed energia pulsante; che esiste un unico         amore indiviso, cioè l'amore per tutto ciò che esiste; e         che, infine, l'amore non è altro che questo vigile, ardente essere         nel rapporto, che crea unione. Nei momenti di silenzio interiore l'uomo         riconosce l'illusoria natura dei pensieri che lo separano dalla vera vita,         dall'amore.[Pirandello, L'umorismo].

Ogni segreto è racchiuso nell'arte del lasciarsi andare, del non         opporre resistenza.

La compostezza significa rinunciare a ciò che vuole la mia volontà         isolata e accettare ciò che ora vuole accadere, essere disponibile,         lasciarmi coinvolgere dal reale e perseguirlo.

E' magnifico essere solo se quell'uno in cui         vivo la mia solitudine è il mondo.

Un giorno l'uomo si trova scaraventato nel mondo, come in una "nascita         prematura" che dura per tutta la vita, sentendosi familiare ed estraneo         al tempo stesso, riflettendosi nell'altro e avvertendo un'abissale diversità.         Può ribellarsi a questa contraddizione e diventare un insulso ottimista         che nega la segreta agonia dell'essere separato, o diventare un insulso         pessimista che rifiuta la sicurezza e la vicinanza. In alternativa, può         affermare questa contraddizione: l'amore e la distanza dall'amore, la         similarità e l'alterità, il calore dell'essere abbracciato         e la freddezza dello spazio vuoto. Amandosi come totalità, egli         scopre un nuovo amore e si lascia alle spalle il vecchio amore fatto di         debolezza e disperazione, in cui tratteneva ed era trattenuto, era vittima         e carceriere. Sperimenta ora un nuovo amore che riunisce in sé         distanza dall'amore e essere non amato; un amore discreto e ardente che         incorpora la solitudine; un amore che non ha un fine specifico ed è         quindi aperto e disponibile; un amore che, amando le ferite d'amore, le         guarisce.

La ferita che il non amore ci ha inferto è         il ventre dal quale veniamo generati molte volte.